Dulce et decorum est pro patria mori

Tra tutte le forme di riflessione sull’attuale strategia pandemica ce n’è una che mi mette particolarmente in imbarazzo. Non è una forma terribilmente diffusa, anzi diremmo che è abbastanza minoritaria, e dunque nel panorama corrente non dovrebbe dare particolare fastidio, ma per ragioni strettamente teoriche e personali non riesco a non provare imbarazzo quando la incontro.

Si tratta di quella riflessione in cui si vede nell’attuale campagna di vaccinazione indiscriminata a tappeto – e sotto ricatto – un’operazione che vedrebbe lo Statalismo patriottico combattere contro l’Individualismo.

Avremmo insomma a che fare con uno scenario in cui lo Stato si imporrebbe, finalmente, nel nome del superiore interesse pubblico, di contro all’individualismo egoista di chi tenta di sottrarsi alla vaccinazione (vigliacco).

Questa prospettiva mi mette particolarmente a disagio perché si appella ad una visione filosofica che riconosco e condivido, cioè la necessità nel mondo moderno di uno Stato democratico forte, capace di intervenire in modo autorevole a protezione delle persone, contro lo strapotere degli interessi economici.

Solo che lo fa in un modo talmente sprovveduto da lasciare storditi.

Quando sento qualcuno che in buona coscienza pensa di vedere nell’attuale strategia di vaccinazione forzosa un’istanza di “Stato sociale che protegge i cittadini dagli interessi del capitale” ho l’impressione di essere in una Candid Camera, qualcosa di troppo incredibile per essere reale, fatto solo per vedere se te ne accorgi.

Invero è davvero difficile capire come persone intelligenti, che magari hanno riflettuto per decenni sull’evoluzione politica occidentale, si trovino a leggere il Green Pass come una “burbera forzatura” fatta per il bene del popolo e condotta con mano paternalisticamente ferma da Mario Vissarionovič Džugašvili Draghi.

Il vaccino come nuovo piano quinquennale.

Ora, a costo di annoiare i più svegli, è utile ricordare come la metamorfosi dello Stato Sociale in Stato Neoliberale che avviene intorno alla metà degli anni ’70 del XX secolo non prende certo la forma di uno “stato debole”. È, come si dice, uno stato debole con i forti, ma fortissimo con i deboli. È uno stato che assume come ideale normativo l’estensione dei meccanismi di mercato e che usa un po’ di carota, e parecchio bastone, per indurre tutta la società a conformarsi.

Margaret Thatcher non promuoveva uno stato minimo e noncurante, ma mandava la polizia a cavallo a bastonare i minatori perché si” opponevano al progresso economico”.

Anche Margaret Thatcher diceva di agire nel nome del “bene comune”, e anche lei agiva sulla base delle massime autorità scientifiche (economisti) nazionali, che garantivano come quella fosse l’unica strada possibile (“there is no alternative”).

In attesa del costituirsi dei “socialisti per la Thatcher”, bisogna ricordare che lo Stato neoliberale non è affatto uno stato “lasciafarista”. Tutt’altro. È uno stato che interviene con decisione nella politica e nell’economia, ma non per dirigerla, non per controllarla o limitarne gli abusi, ma per togliere di mezzo gli ostacoli che impediscono il prodursi dei meccanismi della competizione di mercato.

Ora, sembra difficile non vedere che le modalità di intervento sanitario che puntano tutto sui vaccini e niente su investimenti strutturali nei sistemi sanitari sono interventi perfettamente allineati con le priorità del produttivismo mercatista. La vaccinazione di massa, con vaccini pre-acquistati a livello europeo presso grandi industrie private, prefinanziate con soldi pubblici, è semplicemente la strategia più rapida, e più privatisticamente orientata, per tenere la gente a lavorare senza contrattempi.

Dare spazio alle cure domiciliari significherebbe mettere soldi e risorse nel SSN, magari assumere personale pubblico, magari riorganizzare le forme di intervento. Pessima idea, roba che rema contro alla richiesta di restrizione del perimetro del “pubblico”.

Consentire l’uso di farmaci già noti e riconvertiti all’uso anti-Covid è di nuovo un’idea fastidiosa, che turba molti amici degli amici, visto che sono farmaci coi brevetti scaduti e insomma, staremo mica qui a fare beneficienza.

E se qualcuno ci lascia le penne, vista la scarsa sperimentazione pregressa di questi farmaci, vabbé, pace, sarà un piccolo sacrificio, giustificabile in un’ottica utilitarista, dove il punto è mantenere l’ottimizzazione produttiva.

E se per tenere il passo dovremo vaccinare tutti quanti due volte l’anno – senza idea degli effetti collaterali – di nuovo pace, tanto chi si vaccina lo fa assumendosene formalmente la responsabilità, i vaccinatori hanno un’apposita esenzione da responsabilità e le case farmaceutiche  ne hanno un’altra.

Alla più sporca tra qualche anno lo Stato pagherà con le tasse dei cittadini un po’ di cause per danni.

Vorrà dire che dovremo fare un po’ di austerity in più, perché “la coperta è corta”, e questi ingrati che si lamentano per i danni subiti tolgono il pane ai giovani, agli investimenti…

Ecco, che un liberista al sangue accetti questo tipo di scommesse sulla pelle dei cittadini, questo me lo aspetto. Dopo tutto per lui gli uomini esistono come funzioni dell’autoriproduzione del capitale, e dunque non rompessero le scatole con pretese di rispetto o autodeterminazione.

Ma che un sedicente socialista veda nel Moloch che forza a rischiare la vita propria o dei propri figli a maggior gloria del “Business as usual” un’istanza ‘sociale’ (‘collettivista’?) questo fa semplicemente cadere le braccia.

Dopo tutto, il semplice fatto di vedere la “corrispondenza d’amorosi sensi” che vede muoversi allineati e coperti sulla stessa linea: Ursula von der Leyen e la Commissione Europea, Mario Draghi, Confindustria, le più grandi case farmaceutiche mondiali e tutta la grande editoria giornalistica nel martellare il medesimo messaggio (“extra vaccinum nulla salus”), beh, questo da solo non dovrebbe produrre un qualche sospetto, l’ombra di un dubbio, in persone esercitate a scorgere gli inganni e le distorsioni del potere?

Invece no.

In questo caso l’abominevole egoismo è quello di quella minoranza di popolazione restia ad inoculare sé o i figli. Perché inocularsi è un atto d’amore. Lo hanno detto in TV. E dall’altra parte c’è l’interesse pubblico gestito sapientemente da chi da sempre pensa a noi, e per noi.

I nostri cari Superiori.

 

3 Risposte a “Dulce et decorum est pro patria mori”

  1. C’è una fondamentale fallacia logica nel tuo ragionamento: è assolutamente vero che “le modalità di intervento sanitario che puntano tutto sui vaccini e niente su investimenti strutturali nei sistemi sanitari” o sulle cure domiciliari siano “interventi perfettamente allineati con le priorità del produttivismo mercatista” e dello stato forte con i deboli e debole con i forti.
    Tuttavia, il fatto che lo stato sia nel torto non dimostra che sia falsa l’idea che vaccinarsi è un dovere verso la collettività.
    O anche: il fatto che non si prendano anche tutte le altre misure necessarie per arginare la circolazione del virus (tipo la quarantena pagata, e questa è la cosa che per me davvero grida vendetta, o diffondere la consapevolezza che il vaccino non è sterilizzante, cioè riduce ma non elimina la possibilità di infettarsi e contagiare) non significa che questa misura non vada presa, *assieme* a tutte le altre (con ogni mezzo necessario, ecc.).

    L’imposizione del vaccino va valutata e discussa in quanto imposizione del vaccino, non sulla base del fatto che lo Stato che la impone è al servizio dell’1% (argomento ad hominem).

    Va discusso cioè:
    1) se sia in ammissibile assoluto imporre una vaccinazione in vista del bene collettivo.
    2) se sia giusto in particolare imporre uno specifico vaccino
    3) se sia giusto chiedere a una determinata popolazione di vaccinarsi

    Quanto alla prima, tu chiamalo pure Statalismo patriottico (fa un po’ strawman, però), ma la risposta in termini assoluti è sì: se e solo se il rischio per la collettività è superiore al rischio per gli individui, il bene collettivo viene prima del bene del singolo, e il dovere di non imporre agli altri un rischio maggiore viene prima del diritto di non correre un rischio. Il fatto che nel nostro mondo questo bene collettivo venga imposto attraverso la violenza statale, e che questa violenza serva ai padroni e alla stupidità non toglie nulla al fatto che, se necessario, il bene collettivo si debba e si possa imporre.
    La debolezza delle tue (e di Agamben e Cacciari, ecc.) argomentazioni a me pare sia precisamente nel fatto che sembrano negare questo primo punto essenziale, e al di là dell’odioso linciaggio morale a cui chi esprime queste opinioni è sottoposto, e al di là del panico collettivo che questo linciaggio rivela, l’indignazione che suscita questa posizione è per me giustificata: quello che viene messo in discussione è un valore così fondamentale che, tolto ha poco senso anche solo mettersi a parlare di politica.

    Poi, una volta sgombrato il campo da questo equivoco, possiamo e dobbiamo discutere di cose più serie, tipo di come la violenza e la coercizione siano la prima e l’ultima risorsa della stupidità (oltre che un buon modo per creare capri espiatori), o di come, a maggior ragione perché attuato in modo surrettizio, l’obbligo sia controproducente, o di quanto sia paternalistico e contraddetto dai fatti l’assunto che senza obbligo la gente non si vaccinerebbe, quando appare vero il contrario: è la fiducia (quella che viene distrutta dall’obbligo, dalla polarizzazione e dai linciaggi morali) quella che conta: https://twitter.com/M_B_Petersen/status/1436193837744107523
    Ma prima il campo dobbiamo sgombrarlo.

    ,

    1. Grazie per il commento ben argomentato.
      Rispondo alle tre opzioni finali che elenchi.
      Tu scrivi:

      “Va discusso cioè:
      1) se sia in ammissibile assoluto imporre una vaccinazione in vista del bene collettivo.
      2) se sia giusto in particolare imporre uno specifico vaccino
      3) se sia giusto chiedere a una determinata popolazione di vaccinarsi”

      Benissimo.

      1) Io non ho mai sostenuto che non sia mai ammissibile imporre una vaccinazione in vista del bene collettivo, e sfido chiunque a dire il contrario. Anzi ho ribadito più volte, in più sedi ed anche su questo blog che se fossimo di fronte ad una situazione simile al vaiolo, dunque con quella malattia e quel vaccino a disposizione, una vaccinazione obbligatoria potrebbe essere introdotta. Il problema è che quelle condizioni sono lontanissime dall’attuale realtà, e che qui la quantità è qualità. Un conto è una malattia con letalità del 30% diffusa in tutta la popolazione (vaiolo), tutt’altro è una malattia con letalità del 2% concentrata nelle fasce più anziane (Covid). Un conto è avere un vaccino che immunizza e che lo fa a vita (o comunque per decenni), tutt’altro è avere un “vaccino” che non immunizza ma attenua i sintomi e lo fa per qualche mese.

      2) Il problema sta dunque proprio nell’imporre questa classe di vaccini specifici che hanno caratteristiche particolari, sia per la brevità della loro sperimentazione, sia per le loro caratteristiche intrinseche (non si tratta di vaccini in senso classico, giacché non introducono il virus in forma inattivata o indebolita nell’organismo, ma stimolano l’organismo a identificare e difendersi da una particolare proteina.

      3) Questo ci porta al terzo punto, ovvero a chi possiamo in buona coscienza chiedere di vaccinarsi. E qui la risposta mi pare chiarissima: viste le caratteristiche del “vaccino”, mirate alla copertura personale da conseguenze gravi, e non sperimentato per un uso di lungo periodo, le uniche fasce di popolazione cui può essere caldamente consigliato sono quelle dove ci possiamo aspettare conseguenze personali gravi in caso di contagio e che plausibilmente rischiano meno nel lungo periodo per eventuali effetti collaterali inindagati, o nel caso di reiterate iniezioni (“booster”). E’ chiaro che se parliamo di un anziano in una casa di riposo o di un ragazzino alle medie stiamo parlando di due scenari incomparabili. Ed è perciò parimenti chiaro che discutere qui di un obbligo generalizzato è semplicemente una bestemmia.

      Ergo, consentimi, qui non c’è traccia di “fallacia logica”, accusa che dunque respingo al mittente.

  2. “Quanto alla prima, tu chiamalo pure Statalismo patriottico ma la risposta in termini assoluti è sì: se e solo se il rischio per la collettività è superiore al rischio per gli individui, il bene collettivo viene prima del bene del singolo, e il dovere di non imporre agli altri un rischio maggiore viene prima del diritto di non correre un rischio.“

    E invece la risposta è NO! I termini assoluti sono irreali e irraggiungibili come lo zero assoluto. E anche se fossero raggiungibili ci sarebbe da discutere.
    Data la situazione, questo discorso del bene collettivo superiore al bene del singolo non sta più in piedi. Fa tanto direttiva del Politburo. Personalmente penso che il discorso si possa chiudere sinteticamente dal punto di vista filosofico, etico e giuridico con la sentenza della Corte Costituzionale del 18.4.96 riferita agli indennizzi da vaccini (altro tipo di vaccini, ipercollaudati e da decenni) che recita (par.5) : “Nessuno può essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri”. Con buona pace delle direttive del Politburo.

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